Qualcuno ricorderà un evento particolare accaduto in Italia negli anni Settanta, quello che vide la circolazione dei “miniassegni”. Chi scrive era poco più di un bambino all’epoca ma ben ricorda quando si recò un giorno all’edicola sotto casa per acquistare un giornalino, porgendo in pagamento un “miniassegno” da 100 Lire e altrettanto bene ricorda il rifiuto aspro da parte dell’esercente.
Ma di cosa stiamo parlando?
“Il 26 marzo 1976 gli sportelli palermitani del Credito Italiano, ma anche di altre banche, furono presi d’assalto da migliaia di persone desiderose di aver cambiati immediatamente in denaro contante, degli strani bigliettini di carta. Nello stesso momento, anche nei negozi e nei bar il nervosismo tra i clienti dava luogo a scene come questa: «Questa è una truffa», urlano i clienti che vogliono pagare con quegli strani bigliettini e che la cassiera non vuole accettare dicendo «da stamattina non valgono più».
Vista l’insistenza eccitata dei clienti che si ritengono truffati, interviene il direttore del locale: «Signori calmatevi. Non avete sentito alla radio che la procura di Perugia ne ha ordinato il sequestro su tutto il territorio nazionale?». «Ma che vuole che ce ne freghi – è la replica – voi commercianti ce li avete dati e voi ce li cambiate». «Mi dispiace, andate a cambiarli in banca» è la conclusione secca del direttore.
Come si era giunti a quel punto?
Bisogna fare un passo indietro. In coincidenza con un’inflazione galoppante iniziata nel ’74 con il crollo della lira, con la gente che non riusciva a “sbarcare il lunario”, con una forte recessione, con la prima “austerity” per la crisi petrolifera e con l’aumento della disoccupazione, la Zecca sfornava un’enorme quantità di banconote, mentre la coniazione delle monete rimaneva stazionaria, abbassando fortemente il rapporto banconote-monete.
Così, già nel 1975, le monete da 50, 100 e 200 lire erano diventate merce rarissima. I commercianti non disponevano di spiccioli per dare il resto e, invece della legittima monetina di Stato, rifilavano caramelle, francobolli, cerotti salvelox, cioccolatini, biscotti, gettoni telefonici.
Di fronte a questa crisi di spiccioli che l’inefficienza statale non riusciva a risolvere, le organizzazioni dei commercianti ebbero un’alzata d’ingegno: facciamo noi quel che non fa la Zecca. Battiamo moneta! E nacquero i “miniassegni”, specie di assegni circolari di piccolo formato (misuravano 6 centimetri per 11) del valore nominale di 50, 100 e 150 lire.
I primi miniassegni furono emessi in Italia dall’Istituto Bancario San Paolo su ordine dell’associazione commercianti di Torino nel dicembre 1975. Due mesi dopo anche Palermo si attrezza. L’iniziativa è dell’associazione provinciale degli industriali, che chiede l’emissione dei miniassegni al Credito Italiano, sede centrale di Palermo. Segue a ruota la Federazione dei commercianti in accordo col Banco di Sicilia. La città viene invasa da questa strana carta-moneta. La circolazione di questi bigliettini si estende su tutto il territorio nazionale. Così se a Roma giravano i miniassegni del Banco di Sicilia, a Palermo circolavano quelli delle Autostrade di Venezia e Padova, o quelli degli industriali lombardi, o quelli del Turismo di Genova, o quelli degli agricoltori di Ferrara, o, ancora, quelli dello stabilimento alimentare Star, eccetera. Si calcolò allora che in questa operazione fossero state coinvolte non meno di trentadue banche che avevano emesso carte per un valore nominale fra i 200 e i 300 miliardi di lire. I consumatori erano tutto sommato soddisfatti, e non ricevevano più caramelle.
Ma il 25 marzo 1976 la procura della Repubblica di Perugia emette un provvedimento di sequestro su tutto il territorio nazionale degli assegnetti da 100 e da 150 lire, per violazione delle norme sulla emissione di biglietti di banca, per ingiusto profitto delle banche e per violazione delle leggi sull’assegno bancario circolare. La notizia data dal primo giornale radio dell’indomani mattina getta non diciamo nel panico ma nella preoccupazione tutti i possessori di miniassegni, con le conseguenze descritte all’inizio. La stessa sera, essendo arrivato in Questura l’ordine di sequestro, si presentarono in banca il vicequestore Boris Giuliano e il commissario D’Antone della Squadra Mobile: in un clima di generale perplessità, i due poliziotti prelevarono tutti gli assegni da 100 lire.
L’indomani i commercianti ritornarono al vecchio sistema, e ricomparvero le caramelle di resto. Ma lentamente, nei giorni seguenti, si formò un fronte di resistenza che continuò a far circolare gli assegni contestati dal magistrato. Molti, sia commercianti che consumatori, non intendevano rinunciare ai miniassegni, e continuavano a tenerli in circolazione cercando di convincere la gente ad accettarli ancora.
Con straordinaria celerità, il provvedimento del magistrato di Perugia fu dimenticato da tutti, e i miniassegni riconquistarono nuova e rigogliosa cittadinanza.
Il fenomeno continuò ancora fino agli inizi del 1978, quando finalmente la Zecca, munitasi di nuove attrezzature, coniò e mise in circolazione un centinaio di milioni di pezzi di una nuova moneta da 200 lire insieme a pezzi da 100 e da 50 lire.
Lentamente i mitici miniassegni cominciarono ad uscire di scena, diventando poi merce ricercata solo dai collezionisti sia italiani sia stranieri.”
Leggi l’articolo integrale di Gabriele Montemagno su:
https://palermo.repubblica.it/dettaglio/i-giorni-di-panico-per-i-miniassegni/1526563/1
Abbiamo voluto ricordare questa storia perché significativa del fatto che almeno una volta, per una strana congiuntura politico-economico-sociale, a causa della penuria di moneta, molti soggetti si misero a produrne spontaneamente. E talmente era sentita l’esigenza di averne, che chiunque la accettava e non si faceva problemi su chi la emettesse.
Insomma, in quel caso le persone erano convinte che l’unico elemento mancante alla serenità economica era l’apporto di moneta.
Non mancava il pane o il latte, non c’era penuria di benzina o carne, mancava la moneta! E semplicemente presero a stamparla!
Certo, andò come andò, in un crescendo di semi-anarchia, ma per un periodo relativamente significativo funzionò.
E abbiamo voluto ricordarlo per chi ancora sostiene che la mancanza di moneta sia “il” problema.
Il problema esiste quando c’è penuria o assenza di Risorse.
Questo è un problema , non la mancanza di Moneta!
La moneta si stampa senza fatica, le risorse si ottengono col duro lavoro.