CAPITOLO 3

la nostra idea di comunità

Il tipo di comunità che ci immaginiamo come ideale, non è quella governata dalle leggi del mero mercato, anzi è quella in cui una preponderanza di membri della stessa, sappia indirizzarla verso il benessere diffuso dei propri partecipanti.
Una comunità dove il lavoro e il denaro non siano il pensiero dominante ma che lascia tempo libero in abbondanza, è una comunità che sa dedicare tempo alla socializzazione, allo studio, all’evoluzione personale e collettiva.
Una comunità che riesca nel:
  • agevolare lo svolgimento del lavoro, al fine di ottenere un benessere sufficiente alla prosperità individuale e collettiva senza spingere a consumare la maggior parte del tempo in attività lavorative;
  • saper modulare l’apporto lavorativo individuale, non nella logica dell’accaparramento di beni e denari ma nell’arricchimento e la prosperità in seno al proprio nucleo familiare, fondamento della Comunità;
  • costituire una riserva sufficiente e costante di beni e Crediti, finalizzata a far fronte alle esigenze del medio periodo, senza l’ossessione di dover costituire una riserva monetaria più imponente possibile;
  • agevolare la serenità e quindi la prosperità sociale, promuovendo atteggiamenti positivi,
è una comunità dove i problemi oggi prevalenti, non hanno ragione di esistere. Al contrario, il modello sociale attualmente vigente è quello che individua nel lavoro la più alta aspettativa cui una persona possa aspirare.

“L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”

La mancanza di benessere dovuta alla carenza di denaro in una società dove il denaro serve perfino a comprare l’acqua e chissà, tra un po’ anche l’aria (il cibo è già a pagamento pur essendocene in quantità illimitata sul Pianeta), fa sì che si individui erroneamente nella disoccupazione il problema principale dell’umanità.

Chi oggi ha quaranta/sessant’anni, ricorderà la promessa che a scuola ci ripetevano a pappagallo riguardo l’imminente (all’epoca) evoluzione della tecnologia – “con l’avvento delle macchine, un giorno l’uomo sarà libero dal lavoro perché ogni macchina sostituirà cento uomini”! L’abbiamo tutti sentita in questa o altre versioni ma la sostanza era la stessa. Bene (si fa per dire!), oggi che l’uomo non ha più lavoro, definiamolo finalmente “libero” e non “disoccupato”. Truffatori! Se una macchina libera dal lavoro cento uomini, perché non possono ora dedicarsi a qualcosa di più elevante ed avere comunque il proprio stipendio?

Invece eccoci qua, masse imploranti un lavoro qualsiasi purché assicuri qualche spicciolo. Ed in risposta, ecco i premurosi Governi adoperarsi dapprima a diminuire retribuzioni, giustificandosi con la penuria di denaro e poi inventare lavori da schiavo a bassa retribuzione. Tanto, non hanno più bisogno di noi!

Nel nostro caso, puntiamo a ben altro. La logica da sconfiggere è proprio quella secondo cui accumulare denaro e lavorare incessantemente sia la più alta ambizione umana.
Esseri umani come gli altri che però hanno per qualche motivo l’accesso a sistemi agevolati di accaparramento del denaro, vuoi perché per qualche strana ragione risultino titolari esclusivi di porzioni di Pianeta o ancor più ingiustamente, risultino principali beneficiari dello sfruttamento di risorse comuni (petrolifere, costiere, idriche, geologiche, minerarie, ecc…) o perché coalizzati in organizzazioni estorsive (chiese, governi, banche), hanno dapprima spinto i popoli a vivere in regime di dipendenza dal denaro, successivamente se ne sono posti a capo della stampa/diffusione ed infine hanno semplicemente smesso di distribuirlo.

Come dei drogati dipendenti dalla sostanza, oggi siamo tutti persi nella ricerca spasmodica della stessa.